Cinema

Chris Evans su Rolling Stone per Captain America: Civil War

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Captain America: Civil War è ufficialmente uscito nelle sale ed è partita ufficialmente la campagna di schieramento #dachepartestai

Voi siete Team Iron Man o Team Cap? Chris Evans ha spiegato a Rolling Stone perché essere Team Captain e la sua esperienza nel MCU:

Chris, chi è Steve Rogers aka Captain America? 
Non è un supereroe. Non vola, non prende fuoco, non attraversa magicamente nessun muro, non diventa invisibile. Immaginatevi un atleta olimpionico a cui aggiungi il 30% di pura potenza fisica e mentale. Non è Superman, ma un uomo comune che possiede qualità straordinarie. È uno che ha sofferto molto, che ha perso i genitori quand’era bambino, afflitto fisicamente da mille sfighe. Come tante persone con problemi fisici, ha eretto muri per combattere le proprie insicurezze, che una volta capite e conquistate, le mette al servizio del proprio paese.

Parlaci dell’evoluzione del tuo personaggio. 
Il nome Captain America è sempre stato motivo di preoccupazione, in quanto potrebbe teoricamente polarizzare una certa fetta di pubblico, anche se la verità è che il nome stesso rappresenta qualcosa che valica frontiere, ispira una nazione intera, ha del mitico e del leggendario. Roger crede in determinati valori, presenti specialmente nell’uomo comune, nella gente per bene, valori che si possono trovare ovunque. Ma in termini di dove è stato per tutto l’arco del suo carattere… posso dire che ha sempre combattuto per il bene dell’umanità, anteponendo ai propri desideri, quelli delle masse… cosa che cambia in Civil War. Invece che dedicarsi ai bisogno degli altri, da priorità alle sue problematiche e a quelli dei suoi amici, del Team America, il che può sorprendere i fans. Credo che sia una progressione naturale di un uomo-superEroe che, come dicevo prima, non ha nulla di ultraterreno (in termini di poteri speciali), di una persona che è tremendamente austera, giusta, livellata. Difficile dargli una dinamica diversa e renderlo ipoteticamente egoista…per farlo, il duo Anthony-Joe Russo e gli scrittori Stephen McFeely e Christopher Marcus hanno usato un altro valore comune a tutti noi: la famiglia e l’importanza dell’amicizia, in questo caso nei confronti di Winter Soldier-Bucky.

Senti una responsabilità maggiore ad essere sempre Eroe? 

Beh, ovvio ci sia un certo tipo di pressione, anche sui social media, ma onestamente credo che la pressione maggiore sia posta su produttore e registi, sono Kevin (Feig) e i due fratelli Russo che ultimamente possono far morire un film di questo tipo. Per me è tutta questione dei registi, specialmente per un film d’azione come I nostri, se non dai ai nostri fans quello che s’aspettano, sei nei guai. Pensaci un attimo, se da ragazzino leggevi I fumetti, immaginati or ache li vedi fisicamente muoversi sullo schermo. Mi segui? Abbiamo visto spesso fallire film importanti nonostante il lavoro di grandi attori, sebbene supportati da copioni significativi.

Cosa sai di Captain America che noi non sappiamo? 
Un sacco di cose, che però fanno parte del bagaglio creativo di un attore, della sua capacità recitativa, di interpretare un personaggio creando determinate cose che sono solo tue, che non vuoi condividere con nessuno, nemmeno con il regista. A me piace avere qualcosa (del personaggio) che è intimamente mio. Alla fine del giorno poi però, è il regista chef a funzionare tutti gli attori come insieme, è il regista da tono e colore al film. A volte si pensa che per realizzare un buon film d’azione si debba seguire una certa formula, un algoritmo che una volta copiato qui e là, faccia sorridere tutti. La verità, ancora una volta, è che sono registi e produttori a creare il tutto.

Uno dei problemi menzionati dai fan dell’universo Marvel è che una volta finito il tuo contratto, si dice che smetterai di vestire i panni di Captain America.
No, non ho assolutamente intenzione di lasciare questo personaggio, abbiamo ancora tante battaglie da portare avanti, tanti mutanti da sconfiggere. La mia filosofia è quella di fare il prossimo film big and better‘mo bigger and better. (ride) Dopotutto, non stiamo facendo dei brutti film, anzi. E non mi riferisco al fatto che possano o meno guadagnare una montagna di miliardi-triliardi-ziliardi di dollari, ma guardo al contenuto, al valore sociale e al messaggio che vogliamo portare nelle sale, sopratutto grazie al lavoro dei fratelli Russo e alla loro capacità di raccontare visivamente una storia, un conflitto, quindi, continuiamo così. Nessuno si sarebbe mai immaginato ne il successo ne la longevità dei fumetti-film-superEroi. Sai quanti altri fumetti e proprietà letterarie ci sono nelle “cassaforti” della Marvel?

Si deduce da come ne parli, che regista e produttore siano l’evoluzione del tuo arco creativo, vero? 
Sì, mi piacerebbe, anche perché se vuoi rimanere in questo business dopo 10 anni di lavoro, come attore, non hai voce in capitolo. E lo dico per via di un paio di film che ho perso e che avrei voluto fare, fossi stato regista o il produttore.

Che film erano? 
Il primo era Elizabethtown di Cameron Crowe, e hanno scelto invece che me, Orlando Bloom, mentre il secondo era Milk, dove hanno preferito James Franco. Non tutti i mali vengono per nuocere, proprio come ci insegna il buddismo.

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